Amore e Magia: le Fate ariostesche di Pallavicino e Ristori
L’intervento prende in esame il dramma per musica Le fate, andato in scena presso la corte di Dresda nel 1736, su libretto di Stefano Benedetto Pallavicino e su intonazione di Giovanni Alberto Ristori. Citato in alcuni lavori di sintesi, ma poco conosciuto nel campo della critica e del repertorio musicale – è però recente un’esecuzione dell’Ensemble Alraune -, il testo e la partitura si collocano nel momento di rilancio e diffusione, sul versante del teatro musicale, della fonte ariostesca dell’Orlando furioso, e più specificamente dei canti della maga Alcina. Dopo le diverse riscritture secentesche, all’inizio del Settecento si succedono tra le altre l’Alcine di Danchet e Campra, l’Angelica vincitrice di Alcina, «festa teatrale» su libretto di Pietro Pariati e partitura di Johann Joseph Fux, fino alla celebre Isola d’Alcina, musicata da George Friedrich Händel, su antico testo di Antonio Fanzaglia, poi intonato con nuovi adattamenti librettistici da Riccardo Broschi, andata in scena nel 1735 al Coven Garden londinese. L’anno dopo, a Dresda, la rappresentazione delle Fate, di cui si offrirà una lettura dal punto di vista drammaturgico. Tenendo come modello il capolavoro händeliano, si verificheranno la tenuta patetica del testo, favorita dai molti elementi spettacolari che lo animano, e la sua svolta verso le forme più leggere del dramma giocoso, che consente di rileggere il conclusivo «trionfo d’amore» alla luce delle istanze socievoli del secolo XVIII.